Les Copains D'abord
Prima di tutto gli amici, si perchè il PROGETTO QUOTE LATTE non è un lavoro, bensì un'occasione per stare insieme facendo quello che più ci piace: Suonare e cantare!
con questo spirito accogliamo le persone che vogliono partecipare a questa "cosa" e, va da se, che sia nata prima la formazione che il genere musicale.
Anzi, per essere più precisi il genere o il repertorio è in continua evoluzione.
Lungo la strada della ricerca di cosa suonare, grazie alla conoscienza ed alla passione del Contrabbasista/chitarrista/cantautore Giovanni Ruffino, il gruppo si è imbattutto in BRASSENS.
Io me ne sono subito innamorato.
Un colpo di fulmine che mi ha fatto pensare a come avrei potuto conciliare Brassens e il mio Ukulele; ma non solo...come avrei potuto conciliare Brassens e la mia scarsissima abilità con la lingua francese!
Siamo nel 2011 e sia benedetta la rete...mi metto a cercare e trovo.
Trovo l'immenso lavoro di chi Brassens lo ha tradotto in italiano: Nanni Svampa, De Andrè, Amodei, Chierici, Medail, ecc.
"FANTASTICA IDEA, ecco...io me lo canto in italiano" penso e mi butto sulle traduzioni di questi mostri sacri.
Poi però il destino, sotto forma di appassionato veneziano (Betto Balon che trovate in questo Blog: http://brassensinitaliano.blogspot.com/2009/05/benvenuti.html), mi fa scoprire un Blog pieno zeppo di Brassens tradotto in italiano e sono traduzioni inedite!
Decido di provare qualcuna di quelle che trovo e mi accorgo che come ho amato Brassens al primo ascolto, così amo queste traduzioni dalla forza e dalla metrica così singolare, così fedele.
Cerco nel Blog e scopro che Betto Balon è un esecutore, ma il traduttore vero e proprio è un certo Salvo Lo Galbo.
Decido quindi di conoscere l'autore e gli scrivo, pensando di trovarmi di fronte un cinquantenne siciliano appassionato di vecchia musica d'autore e invece SALVO LO GALBO è siciliano, ma di anni ne ha una ventina, è magrolino e silenzioso, ma con un immenso entusiasmo pari solo al suo talento.
Così comincia il sodalizio tra Salvo e i Quote Latte per il nostro ultimo, in ordine di tempo, progetto.
Voglio lasciare a Salvo la parola per dare un'idea sul perchè Brassens affascina, ammalia e incatena il cuore di chi ascolta.
con questo spirito accogliamo le persone che vogliono partecipare a questa "cosa" e, va da se, che sia nata prima la formazione che il genere musicale.
Anzi, per essere più precisi il genere o il repertorio è in continua evoluzione.
Lungo la strada della ricerca di cosa suonare, grazie alla conoscienza ed alla passione del Contrabbasista/chitarrista/cantautore Giovanni Ruffino, il gruppo si è imbattutto in BRASSENS.
Io me ne sono subito innamorato.
Un colpo di fulmine che mi ha fatto pensare a come avrei potuto conciliare Brassens e il mio Ukulele; ma non solo...come avrei potuto conciliare Brassens e la mia scarsissima abilità con la lingua francese!
Siamo nel 2011 e sia benedetta la rete...mi metto a cercare e trovo.
Trovo l'immenso lavoro di chi Brassens lo ha tradotto in italiano: Nanni Svampa, De Andrè, Amodei, Chierici, Medail, ecc.
"FANTASTICA IDEA, ecco...io me lo canto in italiano" penso e mi butto sulle traduzioni di questi mostri sacri.
Poi però il destino, sotto forma di appassionato veneziano (Betto Balon che trovate in questo Blog: http://brassensinitaliano.blogspot.com/2009/05/benvenuti.html), mi fa scoprire un Blog pieno zeppo di Brassens tradotto in italiano e sono traduzioni inedite!
Decido di provare qualcuna di quelle che trovo e mi accorgo che come ho amato Brassens al primo ascolto, così amo queste traduzioni dalla forza e dalla metrica così singolare, così fedele.
Cerco nel Blog e scopro che Betto Balon è un esecutore, ma il traduttore vero e proprio è un certo Salvo Lo Galbo.
Decido quindi di conoscere l'autore e gli scrivo, pensando di trovarmi di fronte un cinquantenne siciliano appassionato di vecchia musica d'autore e invece SALVO LO GALBO è siciliano, ma di anni ne ha una ventina, è magrolino e silenzioso, ma con un immenso entusiasmo pari solo al suo talento.
Così comincia il sodalizio tra Salvo e i Quote Latte per il nostro ultimo, in ordine di tempo, progetto.
Voglio lasciare a Salvo la parola per dare un'idea sul perchè Brassens affascina, ammalia e incatena il cuore di chi ascolta.
"Immaginatevi un Socrate trobadorico, con un sorriso bacchico, un linguaggio rabelesiano, un demonismo mozartiano, una licenziosità aretinesca e ad un tempo la grazia di uno stilnovista, l'iconoclasti di un De Sade e l'amore di un San Franceso, l'umiltà di un Diogene, lo sperimentalismo metrico di un Pascoli, la satira di un Petrolini, la misoginia di un Giovenale, la misantropia di un anacoreta, La sprovvedutezza di uno Charlot, l'eros di un Priapo e l'idealismo di un Don Chisciotte, la relatività di un Einstein e ad un tempo la fermezza di un Catone... Prendete tutte queste idiosincrasie e cacciatele dentro a un calderone che, comunque, occupa ancora spazio con tanta di altra materia preesistente; con tanto di se stesso. Questo è Georges Brassens.
Scoprire Brassens è scoprire non solo un grande, il più grande - credo - chansonnier di tutti i tempi, ma è anche e soprattutto scoprire la canzone. Ovvero, come la forma canzone, non abbia veramente nulla da invidiare ad altre ben più riverite forme d'espressione artistica.
E' cosa che si è sempre detta - lo diceva De André, quando asseriva che non esistono arti minori e arti maggiori, ma, semmai, artisti minori e artisti maggiori, e che però, allo stesso tempo, si contraddiceva, quando spiegava come avrebbe intrapreso la carriera di cantautore, sembrandogli questa la giusta mediazione tra l'ormai storico "cretino" crociano e il Poeta, il chè, comunque finiva per costituire una gerarchia. Quasi ci fosse il Poeta lassù, il cretino quaggiù e nel giusto mezzo, qui, il cantautore. Come se in fondo non si possa credere davvero che la cappella sistina e una canzonetta possano davvero assumere pari dignità artistica.
Con Brassens invece si tocca davvero con mano questa assoluta pariteticità!
Per questo scoprire Brassens non è solo scoprire un autore, un autore quasi sconociuto in Italia, obliato dai media, osteggiato da quelli del suo tempo (vi sfido a trovare in un qualunque supermercato un reparto di muesica francese che ammonti a più di tre album di Brassens, qui, in italia), per me ha significato proprio scoprire la canzone. Nella sua massima e plurivoca potenzialità di linguaggio e d'espressione, di cultura e, sopratutto, di morale. Sì. Brassens che adastava l'immagine dell'artista che pretende di imbottigliare verità conchiuse per il mondo e le generazioni, Brassens il cui ideale supremodi poesia, rivelò in un'intervista ad un suo amico prete, era il nonsense puramente estetico di un suo collega peraltro, Boris Vian,ha consacrato in realtà tutta la sua poetica all'altare dell'ideale per la tolleranza, del rispetto delle altrui opinioni, dell'amore universale fra persone, quercie e formiche... In un parola, per la vita.
E ascoltando le sue canzoni, a un certo punto, si scopre quanto si è profondamente borghesi. Tutti. Una delle cose che viene da pensare (quando la bellezza della forma passa in secondo piano e, vi assicuro, ci vuole un po') è "Accidenti! Ma questo qui come fa a non stare mai male? O ha un senso dell'ironia, geniale sì, ma che rasenta il mostruoso (quando parla ad esempio della callipigia vedova di un suo amico, con la quale, nemmeno il tempo di una visita di commiato e con la salma ancora davanti, la notte stessa finisce già a letto - oppure... oppure bho?
Se si ha un po' di intelligenza e quel "bho" ha il sopravvento sul primo giudizio, succede quello che è successo a me.
Vi pioveranno addosso tomi e tomi sulla cultura popolare del riso, sull'idea gioiosa di morte del vecchio, intesa come nascita del nuovo (ed è questa il vero spirito rivoluzionario), sulla cultura popolare, Bachtin, Rabelais, eccetera eccetera eccetera... Dovessi elencarvi tutte le finestre che apre Brassens sulla cultura di ogni tempo, tutte le domande che mi ha indotto a pormi, e tutti i libri in cui ho cercato risposte, vi giuro, non finirei più.
Ed invece l'amore panico per la vita, per l'umanità considerata tutta fraterna, per la donna ventre e tromba dell'esistenza, fa della sua discografia una sorta di Bibbia per chiunque l'ascolti. O chiunque sappia ascoltarla, perchè, come lui stesso dice, quando uno è "con", uno è "con"!
Non si è più gli stessi, dopo che si ascolta Brassens. Tutto ti sorride, tutto è leggibile in termini di rovescio della medaglia, tutto splende di luce nuova, dalla formica, al topo, al sesso, al vino, al trash, ai cretini, al tradimento, alla morte. E ti aiuta a venir fuori dalla rigidezza e dai sensi di colpa infondati che la cultura borghese, quella religiosa, per secoli, ormai, ci hanno inculcato forse irreparabilmente.
E' come rinascere.
Potrei anche tentare, ma spiegare come questo mutamento avvenga, credo che sia capzioso se non addirittura retorico, ed è quanto di più possa allontanarsi dalla vera esperienza brassensiana che, per quanto mi riguarda, ho ormai fatto assurgere a rango di sindrome. Mi limito quindi a cercare di trasmettervi la curiosità per ciò che Brassens per me è stato e continua, di giorno in giorno, ad essere, nonostante siano intercorsi quattro anni già dalla "prima volta".
Come un'illuminazione, un viaggio dantesco...
Dante: o lo leggi ...o niente!
Nessuno può insegnare niente a un altro.
Questa è la cosa più importante che Brassens mi ha insegnato."
Salvo Lo Galbo
GEORGES BRASSENS

Scrittore, poeta, ma soprattutto "chansonnier" autentico e originale, dissacrante e ironico, Georges Brassens nasce a Sète (Francia) il 22 ottobre 1921. La passione per la musica lo accompagna sin da bambino.I suoi stessi familiari amano la musica: il padre Jean Louis, che di professione è muratore ma si definisce "libero pensatore", e la madre Elvira Dragosa (originaria di Marsico Nuovo, paesino della Basilicata in provincia di Potenza), fervente cattolica, che canticchia le melodie della sua terra di origine, e impara velocemente quelle che le capita di ascoltare.
Il futuro chansonnier si dimostra ben presto insofferente nei confronti del sistema scolastico: è proprio tra i banchi di scuola, però, che fa un incontro fondamentale per la sua vita di artista. Alphonse Bonnafè, insegnante di francese, gli trasmette la passione per la poesia incoraggiandolo a scrivere.
Dopo essere stato condannato a quindici giorni di prigione con la condizionale per dei furti avvenuti al College Paul Valery di Sète, Georges Brassens decide di interrompere la sua carriera scolastica e si trasferisce a Parigi, dove viene ospitato da una zia italiana, Antonietta. Qui, diciottenne, comincia a fare lavoretti di vario genere (tra cui lo spazzacamino) fino a quando è assunto come operaio alla Renault.
Si dedica con sempre maggiore impegno alle sue vere passioni: la poesia e la musica, frequentando le "cantine" parigine, dove respira le atmosfere esistenzialiste dell'epoca, e fa ascoltare i suoi primi pezzi. Impara a suonare il pianoforte.
Nel 1942 pubblica due raccolte di poesie: "Des coups dépées dans l'eau'" (Buchi nell'acqua) e "A la venvole" (Alla leggera). Argomenti dei libri gli stessi che affronta nelle canzoni: la giustizia, la religione, la morale, interpretate in modo dissacrante e provocatorio.
Nel 1943 è costretto dal servizio di Lavoro Obbligatorio ad andare in Germania. Qui, per un anno, lavora a Basdorf, vicino a Berlino. Durante questa esperienza conosce André Larue, suo futuro biografo, e Pierre Onteniente, che diventerà suo segretario. Scrive canzoni e inizia il suo primo romanzo, ma soprattutto sogna la libertà: così, quando riesce ad ottenere un permesso, torna in Francia e non rientra nel campo.
Ricercato dalle autorità, è ospitato da Jeanne Le Bonniec, donna di grande generosità, a cui Brassens dedicherà "Jeanne", e "Chanson pour l'Auvergnat" (Canzone per l'Alverniate).
Nel 1945 acquista la sua prima chitarra; l'anno successivo aderisce alla Federazione Anarchica e comincia a collaborare, sotto vari pseudonimi, al giornale "Le Libertaire". Nel 1947 conosce Joha Heyman (soprannominata "Püppchen"), che rimarrà sua compagna per tutta la vita, e alla quale Brassens dedicherà la celebre "La non-demande en mariage" (La non richiesta di matrimonio).
Scrive un romanzo grottesco ("La tour des miracles", La torre dei miracoli) e soprattutto si dedica alle canzoni, incoraggiato da Jacques Grello. Il 6 marzo 1952 Patachou, famosa cantante, assiste, in un locale parigino, a un'esibizione di Brassens. Decide di inserire alcune sue canzoni nel suo repertorio e convince il titubante chansonnier ad aprire i suoi spettacoli. Grazie anche all'interessamento di Jacques Canetti, uno dei massimi impresari dell'epoca, il 9 marzo Brassens sale sul palco del "Trois Baudets". Il pubblico rimane senza parole dinanzi a questo artista che non fa nulla per apparire un divo e sembra quasi imbarazzato, goffo e impacciato, così lontano e diverso da tutto ciò che la canzone del periodo propone.
Scandalizzano i suoi stessi testi, che narrano storie di ladruncoli, piccoli furfanti e prostitute, senza mai essere retorici o ripetitivi (come invece gran parte della cosiddetta "canzone realista", quella cioè di carattere sociale, ambientata anch'essa nei vicoli meno perbene della capitale francese, di moda in quel periodo). Alcuni di essi sono traduzioni da grandi poeti come Villon. Molti spettatori si alzano ed escono; altri, sorpresi dinanzi a questa novità assoluta, restano ad ascoltarlo. Ha inizio la leggenda di Brassens, il successo che non lo abbandonerà più da quel momento.
Grazie a lui, il teatro "Bobino" (che dal 1953 diventa uno dei suoi palcoscenici preferiti) si trasforma in un autentico tempio della canzone.
Nel 1954 l'Accademia "Charles Cros" assegna a Brassens il "Gran Premio del Disco" per il suo primo LP: le sue canzoni verranno raccolte nel tempo in 12 dischi.
Tre anni più tardi l'artista fa la sua prima e unica apparizione cinematografica: interpreta se stesso nel film di René Clair "Porte de Lilas".
Nel 1976-1977 si esibisce per cinque mesi ininterrottamente. E' la sua ultima serie di concerti: colpito da tumore all'intestino, si spegne il 29 ottobre 1981 a Saint Gély du Fesc.
Grande l'eredità lasciata dall'artista di Sète. Tra i cantautori che maggiormente sono stati affascinati dalla musica di Brassens ricordiamo Fabrizio DeAndrè (che lo ha sempre ritenuto il suo maestro per eccellenza, e ha tradotto e cantato alcuni dei suoi brani più belli: "Marcia nuziale", "Il gorilla", "Il testamento", "Nell'acqua della chiara fontana", "Le passanti", "Morire per delle idee" e "Delitto di paese") e Nanni Svampa, che con Mario Mascioli ha curato la traduzione letterale in italiano delle sue canzoni, proponendole però spesso, durante i suoi spettacoli e in alcuni dischi, in dialetto milanese.
(fonte: www.biografieonline.it)
Il futuro chansonnier si dimostra ben presto insofferente nei confronti del sistema scolastico: è proprio tra i banchi di scuola, però, che fa un incontro fondamentale per la sua vita di artista. Alphonse Bonnafè, insegnante di francese, gli trasmette la passione per la poesia incoraggiandolo a scrivere.
Dopo essere stato condannato a quindici giorni di prigione con la condizionale per dei furti avvenuti al College Paul Valery di Sète, Georges Brassens decide di interrompere la sua carriera scolastica e si trasferisce a Parigi, dove viene ospitato da una zia italiana, Antonietta. Qui, diciottenne, comincia a fare lavoretti di vario genere (tra cui lo spazzacamino) fino a quando è assunto come operaio alla Renault.
Si dedica con sempre maggiore impegno alle sue vere passioni: la poesia e la musica, frequentando le "cantine" parigine, dove respira le atmosfere esistenzialiste dell'epoca, e fa ascoltare i suoi primi pezzi. Impara a suonare il pianoforte.
Nel 1942 pubblica due raccolte di poesie: "Des coups dépées dans l'eau'" (Buchi nell'acqua) e "A la venvole" (Alla leggera). Argomenti dei libri gli stessi che affronta nelle canzoni: la giustizia, la religione, la morale, interpretate in modo dissacrante e provocatorio.
Nel 1943 è costretto dal servizio di Lavoro Obbligatorio ad andare in Germania. Qui, per un anno, lavora a Basdorf, vicino a Berlino. Durante questa esperienza conosce André Larue, suo futuro biografo, e Pierre Onteniente, che diventerà suo segretario. Scrive canzoni e inizia il suo primo romanzo, ma soprattutto sogna la libertà: così, quando riesce ad ottenere un permesso, torna in Francia e non rientra nel campo.
Ricercato dalle autorità, è ospitato da Jeanne Le Bonniec, donna di grande generosità, a cui Brassens dedicherà "Jeanne", e "Chanson pour l'Auvergnat" (Canzone per l'Alverniate).
Nel 1945 acquista la sua prima chitarra; l'anno successivo aderisce alla Federazione Anarchica e comincia a collaborare, sotto vari pseudonimi, al giornale "Le Libertaire". Nel 1947 conosce Joha Heyman (soprannominata "Püppchen"), che rimarrà sua compagna per tutta la vita, e alla quale Brassens dedicherà la celebre "La non-demande en mariage" (La non richiesta di matrimonio).
Scrive un romanzo grottesco ("La tour des miracles", La torre dei miracoli) e soprattutto si dedica alle canzoni, incoraggiato da Jacques Grello. Il 6 marzo 1952 Patachou, famosa cantante, assiste, in un locale parigino, a un'esibizione di Brassens. Decide di inserire alcune sue canzoni nel suo repertorio e convince il titubante chansonnier ad aprire i suoi spettacoli. Grazie anche all'interessamento di Jacques Canetti, uno dei massimi impresari dell'epoca, il 9 marzo Brassens sale sul palco del "Trois Baudets". Il pubblico rimane senza parole dinanzi a questo artista che non fa nulla per apparire un divo e sembra quasi imbarazzato, goffo e impacciato, così lontano e diverso da tutto ciò che la canzone del periodo propone.
Scandalizzano i suoi stessi testi, che narrano storie di ladruncoli, piccoli furfanti e prostitute, senza mai essere retorici o ripetitivi (come invece gran parte della cosiddetta "canzone realista", quella cioè di carattere sociale, ambientata anch'essa nei vicoli meno perbene della capitale francese, di moda in quel periodo). Alcuni di essi sono traduzioni da grandi poeti come Villon. Molti spettatori si alzano ed escono; altri, sorpresi dinanzi a questa novità assoluta, restano ad ascoltarlo. Ha inizio la leggenda di Brassens, il successo che non lo abbandonerà più da quel momento.
Grazie a lui, il teatro "Bobino" (che dal 1953 diventa uno dei suoi palcoscenici preferiti) si trasforma in un autentico tempio della canzone.
Nel 1954 l'Accademia "Charles Cros" assegna a Brassens il "Gran Premio del Disco" per il suo primo LP: le sue canzoni verranno raccolte nel tempo in 12 dischi.
Tre anni più tardi l'artista fa la sua prima e unica apparizione cinematografica: interpreta se stesso nel film di René Clair "Porte de Lilas".
Nel 1976-1977 si esibisce per cinque mesi ininterrottamente. E' la sua ultima serie di concerti: colpito da tumore all'intestino, si spegne il 29 ottobre 1981 a Saint Gély du Fesc.
Grande l'eredità lasciata dall'artista di Sète. Tra i cantautori che maggiormente sono stati affascinati dalla musica di Brassens ricordiamo Fabrizio DeAndrè (che lo ha sempre ritenuto il suo maestro per eccellenza, e ha tradotto e cantato alcuni dei suoi brani più belli: "Marcia nuziale", "Il gorilla", "Il testamento", "Nell'acqua della chiara fontana", "Le passanti", "Morire per delle idee" e "Delitto di paese") e Nanni Svampa, che con Mario Mascioli ha curato la traduzione letterale in italiano delle sue canzoni, proponendole però spesso, durante i suoi spettacoli e in alcuni dischi, in dialetto milanese.
(fonte: www.biografieonline.it)